IL PRETORE
    Esaminati  gli  atti  del  procedimento  penale n. 434/1994 r.g. a
 carico di Papa Giuseppe, imputato del delitto di  cui  all'art.  343,
 primo comma, c.p.;
    Sentite   le   parti   nella   discussione   orale  all'esito  del
 dibattimento;
                             O S S E R V A
    L'istruttoria dibattimentale espletata consente di pervenire  alla
 affermazione  di  responsabilita'  dell'imputato,  atteso  che  dalla
 stessa e' stata confermata la pronunzia  da  parte  sua  della  frase
 indicata   nel   capo   di  imputazione,  avente  inequivoca  valenza
 oltraggiosa, esaltata dal tono alterato con cui la  frase  stessa  e'
 stata  pronunziata,  e  che  non  sembra  possibile dubitare del dolo
 generico richiesto per l'integrazione del delitto.
    Deve quindi essere pronunziata la sua condanna, ma nella  concreta
 determinazione del trattamento sanzionatorio, nonostante che il fatto
 appaia  caratterizzato  da  particolarissima levita', non puo' essere
 irrogata pena inferiore a quella di mesi otto di reclusione derivante
 dall'applicazione del minimo edittale e della  misura  massima  della
 diminuzione derivante dal riconoscimento delle attenuanti generiche.
    L'evidente  oggettiva  sproporzione  di  tale  misura  della  pena
 rispetto alla effettiva gravita' del  fatto  induce  alla  necessaria
 verifica  della  costituzionalita', in riferimento agli artt. 3 e 27,
 terzo comma, della Costituzione,  della  disposizione  incriminatrice
 nella  parte in cui determina tale inaccettabile conseguenza prevede-
 ndo come minimo edittale la pena della reclusione di un anno.
    A tal proposito sembra a questo pretore che anche alla fattispecie
 di oltraggio a magistrato in udienza sanzionata  dall'art.  343  c.p.
 possano  estendersi  i  rilievi contenuti nella decisione della Corte
 costituzionale n. 341 del 19-25 luglio 1994 in  ordine  all'art.  341
 c.p.,  in tema di necessaria proporzione tra pena comminata, anche in
 astratto, e disvalore del fatto ed  in  tema  di  necessita'  che  le
 scelte  discrezionali del legislatore nella determinazione della pena
 rispettino  il  canone  di  ragionevolezza  e  proporzionalita',  con
 riferimento  anche  a profili di diritto comparato, al mutato assetto
 del rapporto tra amministrazione e societa', al  riscontrato  disagio
 da  parte  dei  giudici  e  della  societa'  nella applicazione della
 disposizione in questione, ed in particolare misura al raffronto  con
 il  trattamento  sanzionatorio  previsto  dall'art.  594  del  codice
 penale.
    Pur trattandosi  di  fattispecie  diverse  infatti  entrambe  sono
 qualificate dal legislatore nelle rispettive rubriche come oltraggio,
 e  per  unanime  riconoscimento  gli  articoli  341  e  343 c.p. sono
 apprestati a tutela dello  stesso  bene  giuridico,  individuato  nel
 prestigio  della  pubblica  amministrazione, come e' dimostrato anche
 dalla parificazione delle  due  ipotesi  rispetto  alla  applicazione
 della  scriminante  speciale  di  cui  all'art.  4  del d.l.g.l.t. 14
 settembre 1944, n. 288.
    Anzi con riferimento alla fattispecie dell'art. 343 c.p. i profili
 di  censura  appaiono  esaltati  dal  rilievo della misura del minimo
 edittale, corrispondente al doppio di quello previsto  dall'art.  341
 c.p. prima della dichiarazione di illegittimita' costituzionale.
    Ne'  sembra  rilevare, sul piano dei principi gia' affermati dalla
 Corte  costituzionale,  la  considerazione  dei  caratteri   speciali
 presenti nella fattispecie di cui all'art. 343 c.p.
    A tacer del fatto che anche la funzione amministrativa dello Stato
 e'   oggetto   di  specifica  considerazione  della  Costituzione  in
 molteplici  disposizioni,  dall'art.  343  c.p.  non  viene  tutelato
 infatti  l'esercizio  della funzione giurisdizionale nei suoi profili
 di  stretta  rilevanza  costituzionale,  che  trovano  riconoscimento
 invece  da  parte del legislatore in altre e diverse disposizioni (v.
 ad esempio l'art. 290 c.p.).
    Inoltre  gli  elementi  specializzanti  presenti  nella  norma  in
 questione  e  che  appaiono  idonei  a giustificare un trattamento di
 maggior rigore, in  riferimento  a  tale  esigenza  trovano  adeguato
 riconoscimento  nella determinazione del massimo edittale, anche esso
 notevolmente superiore rispetto  a  quello  previsto,  anche  per  le
 ipotesi aggravate, dall'art. 341 c.p.
    La  questione  che  in  tal  modo  si  prospetta  e' evidentemente
 rilevante ai fini della decisione  atteso  che  dalla  sua  soluzione
 dipende   la   concreta   determinazione   della  pena  da  applicare
 all'imputato.